Luca Raimondi ha oltre 15 anni di esperienza di pittura “en plein air”, all’aria aperta, dove abbandonato lo studio chiuso, si concentra sulla osservazione e interpretazione di paesaggi immersi nella luce, reali.

Spostando il cavalletto di fronte la scena, pioggia, vento, canicola, notte, tramonti e albe forgiano negli anni la sua sensibilità.

Attualmente Luca dipinge tele di grande formato che rappresentano paesaggi figurativi e astratti, la cui scala suscita nell’osservatore un senso di immersione totale. Questi lavori rappresentano schemi di luce osservati dal vivo in diverse condizioni atmosferiche, ridotti alla loro purezza, alla loro essenza.

Ha esposto a partire dal 2012, in oltre una ventina di mostre personali e collettive.
Sue opere si trovano in collezioni private in Europa, USA, Cina, Qatar.
E’ rappresentato dalle gallerie Singulart (Parigi), Riseart (Londra), Zatista (USA), e dalle gallerie Elle Arte e Caravello di Palermo.

Luca ha studiato e si è formato con Marc Dalessio, uno dei più affermati paesaggisti contemporanei, e Nathan Sowa, ed attraverso anni di studio e di copie dei grandi maestri del passato.

Lavora a Palermo, dove vive con sua moglie e i loro 3 figli.

 

Le sue opere trasmettono pace, estasi, silenzio, o ancora solitudine e lontananza. Il suo è uno stile pittorico “intimo”, realizzato attraverso pennellate veloci e istintive, che sottendono ad un approccio perfezionista, affinato negli anni di pittura dal vivo. 

Mostre personali

  • 2022, Luce sospesa, Galleria Caravello, Palermo
  • 2018, Open Studio
  • 2014, “Painting en plein air”, Galleria Bobez Arte, Palermo,  curated by Floriana Spanò
  • 2012 “For lights, for fruits”, Galleria Elle Arte , Palermo, catalogue essay by Aldo Gerbino

Mostre collettive

  • 2019, “Dentro e fuori le mura. La pittura non ha confini”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2019, “Art a porter”, Galleria Spazio HUS , Milano
  • 2019, “Dipinti di blu. Variazioni sul tono” , Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2019, “”Dulcis in fundo. Il dessert è dipinto” , Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2018, “Art a porter”, Galleria Spazio HUS , Milano
  • 2018, “Elogio della luce. riflessi e riflessioni per i vent’anni di Elle Arte”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2017, “L’apparenza incanta”, a cura di Marta Ceribelli, Castello di Fiano Romano
  • 2016, “Dalla riva all’orizzonte. Suggestioni marine”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2015, “Variazioni di Luce”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2015, “Destinazione Palermo. La città riflessa”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2015, “Declinazioni della luce. Nel colore, nel segno”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2015, “Incipit”, Galleria Elle Arte , Palermo
  • 2014, “Luci di Sicilia”, Grand Hotel Piazza Borsa, Palermo
  • 2013, “Recent works” Caltagirone, Kennel, Raimondi, Triolo, Church of San Giovanni Decollato, Palermo
  • 2013, “Colors”, Gallery Elle Arte, Palermo
  • 2012, Auction, Casa d’aste Babuino, Rome – Wheat Field, oil on canvas, 50x 70 cm , AMREF
  • 2012, “Landscape colors” , Galleria Web Art , Treviso

Pubblicazioni

Insegnamento

  • Artist residency, Borgo Santo Pietro, Chiusdino, Toscana, agosto 2013, selected as artista in residence and landscape painting instructor
  • Private teaching
  • “Guida alla pittura a olio. Riflessioni, principi e pratica in studio”, Luca Raimondi, Il castello editore, 2020, isbn 8827601279

Landscape “en plein air”

by Floriana Spanò, essay from Bobez Gallery solo show, 2014



PAESAGGIO “EN PLEIN AIR”
di Floriana Spanò
Il paesaggio nasce dall’interazione tra lo sguardo dell’osservatore e l’ambiente che lo circonda. E’ proprio questa interazione a definirlo. Senza di essa esisterebbe solo una muta visione d’insieme
fine a se stessa, senza alcuna implicazione sentimentale o psicologica.
Il pittore ci mostra con i suoi occhi ciò che lo circonda, attraverso la sua sensibilità’ e la sua esperienza dal vivo, penetrandone il senso profondo attraverso le proprie sensazioni , il proprio modo di percepire la realtà, il senso di una propria indagine psicologica e sentimentale.


L’artista diviene una sorta di pioniere che indaga la natura per poi mostrarcela così come da lui viene percepita. Narrare lo scorrere del tempo e delle stagioni attraverso l’uso del colore e lo studio della luce, traduzione immediata di un’emozione del momento.
L’artista trascura il superfluo, dipinge sulla tela una sintesi dell’ “impressione” che uno stimolo esterno ha suscitato in lui.

Non esistono linee di contorno; il disegno lascia spazio a pennellate non studiate, date per tocchi, picchiettature, macchie.


La parola d’ordine è “en plein air”, dipingere all’aria aperta, abbandonando la pittura in studio, secondo il modello accademico; concentrandosi invece sui paesaggi reali, immersi nella luce, seguendo la rapida traiettoria del colore; dissolvenze in accostamenti di colore puro.


Quella di Luca è una pittura che, richiamando la tecnica impressionista, aspira a trasmettere l’immediatezza dell’immagine, dando alle proprie opere un tocco estremamente riconoscibile, rendendole affascinanti
per il personale modo di rappresentare, più che per l’oggetto stesso della rappresentazione.

E’ dalla propria personale sensibilità ed esperienza, oltre, ovviamente, alla tecnica adottata ,la conoscenza prospettica e la propensione a rappresentare lo spazio, che nasce la differente riproduzione di uno stesso paesaggio.

Ne è un esempio la duplice versione pittorica del celebre stabilimento lungo la Senna “La Grenouillère” di Monet e Renoir, che nel 1869, pur collocando i propri cavalletti uno accanto all’altro, in poche ore realizzarono ciascuno la propria Grenouillère scegliendo una personale risoluzione per la resa espressiva dell’opera; il primo attraverso una serie di pennellate grasse e strutturate, il secondo liquide e soffuse. Luca Raimondi, classe 1977, ha osservato e studiato a lungo la natura allo scopo di riprodurla, lasciandosi trasportare dalle sensazioni che il paesaggio gli suggerisce come i colori, ed i profumi, ma anche dalla curiosità di poter “fermare” anche solo per un momento il movimento delle onde sempre diverso.

Le sue opere trasmettono pace, estasi, silenzio, ma anche solitudine e lontananza. Immergersi nella natura e’ per Luca un modo per concentrarsi su di essa, soffermarsi a godere di ciò’ che lo circonda e trovare modi e soluzioni per essere sempre più sintetico, chiaro, diretto nel rappresentarla.


Le sue opere trasmettono pace, estasi, silenzio, ma anche solitudine e lontananza. Immergersi nella natura e’ per Luca un modo per
concentrarsi su di essa, soffermarsi a godere di ciò’ che lo circonda e trovare modi e soluzioni per essere sempre più sintetico, chiaro, diretto nel rappresentarla.


E’ per questo motivo che Luca dipinge “alla prima”. Attraverso un contatto immediato con la natura, esegue pennellate veloci per avere un richiamo diretto e semplice con ciò’ che sta rappresentando.
E’ l’impressione, l’imprinting primario, ciò’ che dalla vista arriva dritto alla nostra mente e che ci consente riconoscere un oggetto come tale.

Robert Henri diceva che “Le pennellate mandano un messaggio che si voglia o no. Una pennellata è il riflesso dell’artista nel momento in cui è fatta. Tutte le certezze, le insicurezze, tutti gli alti e bassi del suo spirito sono in esse.” L’idea assimilata dalla mente dell’artista scorre energeticamente sulle mani ed il pennello, lasciando libero sfogo alla creatività’.

L’artista utilizza la tecnica che i francesi, per primi, chiamarono “en plein air” e che indica l’abitudine di dipingere il
paesaggio all’aperto, cioè portandolo a finitura direttamente sul luogo, senza interventi successivi in studio. Pratica pittorica, nata alcuni anni prima dell’Impressionismo, ad opera dei pittori di Barbizon, ma utilizzata successivamente con regolarità da Monet e Renoir, prima, e Pissarro e Sisley poi, anche se, in realtà, ciò che questi pittori realizzavano all’aria aperta era, in genere, una stesura iniziale, un motivo sul quale lavorare poi in studio per rifinire e portare a compimento l’opera.

Nelle sedute all’aperto, gli Impressionisti riescono a cogliere i più sottili trapassi di luce e di tono, percepiscono il valore cromatico delle ombre e affinano la loro tecnica basata su tocchi ravvicinati di colore puro, in modo che l’immagine ricomposta sulla tela non perda l’intensità e la ricchezza cromatica dell’approccio diretto. Questa scelta è dettata dalla volontà di cogliere con immediatezza tutti gli effetti luministici della visione diretta.

Una successiva prosecuzione del quadro in studio potrebbe mettere in gioco la memoria, alterare la sensazione mmediata di una visione.


Luca dice a proposito della sua pittura:
“Quando dipingi fuori sei in contatto con la natura. Accedi ai suoni ai colori e una infinita serie di informazioni altrimenti non sperimentabili. Pratichi la velocità e il rischio: hai poco tempo per riflettere ed eserciti l’istinto, l’immediatezza. Fai continuo accesso alla memoria visiva, nel momento stesso in cui abbassi lo sguardo e lo rialzi tutto è cambiato. E’ un altro approccio: passi dal comfort di uno caldo studio alla fragilità di te stesso di fronte agli elementi: ti metti in gioco.

Alleni anche l’umiltà: ciò che hai di fronte è così immenso da essere inafferrabile: devi usare semplicità ed economia; essere veloce e rapido. I colori che usi non possono replicare esattamente ciò che osservi; puoi dare solo l’illusione, e ti devi adoperare per trovare strategie e mezzi espressivi per poter avvicinarti alla Natura, per catturarne l’essenza.”

E’ quindi l’immediatezza la base della pittura espressiva di Luca, associata al continuo rimando di sensazioni e percezioni di ciò’ che lo circonda.


“Per luci, per frutti”
di Aldo Gerbino, dal catalogo della mostra personale, Galleria Elle Arte , 2012



Per luci, per frutti

La luce, quella posta appena in bilico tra un moto leggero, vibrante e una sorta di inquieta fissità, caratterizza in questo luogo della pittura quell’atmosfera meridiana tradotta in una stria del tempo conosciuta come “ora degli spiriti”. Essa, in questi lavori d’esordio, percorre un sentiero pittorico votato all’intimità della conoscenza, all’approdo nella fascia della contemplazione.

Le spiagge, aperte al corpo di ciottoli disseminati tra Furnari e Oliveri, appaiono raccolte proprio in questa prima luce del meriggio; altre, invece, si dilacerano nel languente bagliore del tramonto, mentre i promontori sinuosi, appena attraversati da un soffio di caligine, si offrono cosparsi d’una impalpabile velatura cilestrina.

Su tale trasporto opera la tangibile gestione dello spazio di Luca Raimondi, il quale versa ogni sua aspirazione figurativa in una sorta d’imbuto in cui va codificando quel necessario equilibrio spirituale che oscilla tra l’inoppugnabile realtà e quanto di essa viene consegnata, distillata, erosa, in un continuo rimodellamento espressivo, nella sua pupilla, nella sua anima.


E ancora va levitando quella dimensione prospettica in cui gli oggetti colti dalla casualità, le disposte ‘nature morte’, gli spegnimenti delle ombre, le improvvise alterazioni dei contrasti, sembrano alternarsi in una continua progressione percettiva, avvertita con trepidazione dal giovane pittore palermitano (classe 1977), come controllo, intima indagine aggiogata alla propria riflessione.

Se il dipingere è intuito da Luca quale cifra di analisi rivolta primariamente al segno, in virtù delle sue dichiarate frequentazioni con sodali pedagoghi quali Sowa o Dalessio e in quell’esigenza del ‘vero’ frequentata da neorinascimentali americani quali Cecil e Graves a Firenze, è comunque alla materia, alla sua densità, alla sua pasta che egli tenta di formare carne, per sollecitazioni visive, sensitive. Dunque il segno, il tratto, quel ‘disegno’ che tutto sorregge si stempera, si trasfonde in una consistenza gioiosa e malinconica, legata all’abito della mimetica, in cui la didascalia avverte, sporadicamente, certe spinte verso fughe metafisiche.

Che il procedere di Luca si attesti in una visione naturalistica post-romantica è, con evidenza, mostrato nel percorso del suo lavorìo creativo, con gli adombramenti del caso, e in quell’andare, ‘in fieri’, alla conquista della realtà, alla maturazione della sua stessa pellicola pittorica ed esistenziale.


Già sottolineava Stefano Susinno, nel capitolo “veduta e paesaggio”, come per tanti «artisti e fruitori» la ‘veduta’ fosse considerata «pittura di evasione dal contingente, richiamo a temi universali in presenza di una ‘natura’ inquieta, o rasserenante, rifugio del mito o sublime teatro delle umane passioni». In tale non apparente difficoltà a tratteggiare i canoni estetici dei ‘generi’, spesso fuorvianti, può essere evidenziata tutta la problematica dell’approccio estetico, della fatica a scorporarlo da indicazioni teoriche. Ciò è soprattutto evidente nell’attuale panorama contemporaneo in cui, alla feroce iconoclastia contro la civiltà figurativa, si contrappongono salvifiche esigenze di ‘ritorno alla pittura’, in una rivisitazione postmoderna, sostenuta da molteplici bisogni di interiore lettura contemplativa, storicamente oscillanti tra iperrealtà, transavanguardia e anacronismo.

Lungo tali conflitti Luca Raimondi si sporge dall’icastica pedana della figurazione tenendo in gran riguardo le indicazioni dei Maestri, alimentando il gusto al classicismo, collegato, con partecipazione, alla propria appagante idea di visione. Un’idea da contrapporre allo scenario di insistita erosione tecnologica e di criminale degrado ecologico cui quotidianamente assistiamo e che offende la nostra umana sensibilità.

Allora, dall’emozionale tocco paesaggistico alle sue ‘nature morte’ che ammiccano, nel loro acronico peregrinare, alle pregnanti voci chiaroscurali del magistero di un Jean-Baptiste Chardin (si vedano i due olî su tela del 2012: Vino, pere e un dipinto incompiuto e Tre arance e un vaso), ogni cosa sembra volere attingere dalla natura, nella ricerca di una corretta tensione alla stabilità, a temprati pigmenti, a riflessi, a suoni.

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